Gabriele
Manili

Attore, autore, formatore.

Il sipario sta per aprirsi. Le luci di sala si spegneranno tra un po’ e si accenderanno i proiettori. Il pubblico rumoreggia. Aspetto. 

Una delle cose che faccio sempre è prendermi un minuto  dietro le quinte prima di andare in scena. Mi serve per staccare gli interruttori col mondo reale. Ascolto il vociare del pubblico, osservo le facce tirate dei miei colleghi, ripasso mentalmente le cose da fare e la prima battuta, che è quella più importante.

Più di ogni altra cosa, però, ascolto me stesso. Chiudo gli occhi e mi concedo qualche istante solo per me. Una manciata di secondi,  mi bastano per ricordare perché ho scelto questa professione.

La voglia di comunicare e di gridare al mondo chi sono, l’incoscienza della gioventù, i sogni da Premio Oscar, il desiderio di voler giocare ancora e la maledetta paura, forte quasi come la paura della morte:   la paura di parlare in pubblico, tanti occhi che osservano solo te.  Ogni tuo gesto, ogni tuo respiro, ogni tuo possibile sbaglio.

Col passare del tempo è svanita e ha lasciato spazio alla consapevolezza, al desiderio di camminare in una realtà diversa da quella contingente, sperimentare tempi e vivere emozioni irreali ma mai false.

Se ancora faccio questo mestiere è per proseguire quel cammino che ho intrapreso anni addietro. La voglia di incontrare allievi, colleghi, registi e impresari, ognuno con le proprie storie, ognuno con le proprie passioni.  È per me irrinunciabile, vitale.

Chiunque ami il teatro: il dilettante e il professionista, 

quello che “io non salirò mai su un palco” (innocente bugiardo! Sai bene che è la cosa che desideri di più al mondo…) e quello che, invece, non vede l’ora di salirci ma non ha avuto l’occasione di farlo.

Chi vuole giocare all’immedesimazione, chi vuole misurarsi con se stesso, chi desidera conoscere i meccanismi della recitazione o le regole di regia, chi non vede l’ora di cimentarsi e scornarsi con un monologo nel chiuso di una stanza… 

chiunque di voi è, e rimarrà, mio amico.

Ora riapro gli occhi. Le luci di sala si sono spente e il pubblico si è zittito.

Devo entrare in scena. Un respiro profondo e via.

 

Gabriele Manili